presentazione mostra
PRE-VISIONI
15 Aprile 2009
Cosa accade agli spazi residuali, con un ritorno di interesse ed attività dell’uomo ?
Governare (il territorio) la mescolanza planetaria della spina ovest, come sommatoria di residui. Risultato di un operazione di sottrazione…isole, enclaves, comparti, indefinite ma ci permettono di leggere il facilmente rinoscibile:
Analizzando la presenza di questo elemento verticale si potrebbe riflettere sulla relazione che instaura con l’intorno. Confrontando con altre esperienze/esperimenti/utopie urbane ci si interroghi sull'identità della torre con il vuoto del piazzale a lato e con la presenza degli ex-depositi Domenichelli.
All’interno di “Urban Trans formation”, pubblicazione curata da Ilka ed Andreas Ruby che raccoglie gli atti di un convegno tenutosi a Shanghai nel 2007 dedicato al tema della “trasformazione urbana” si ritrova il contributo di Saskia Sassen, fra i docenti intervenuti, che pone l’attenzione sui limiti teorici dell’intero sistema di rappresentazione occidentale dei fenomeni urbani contemporanei.
Sassen parte dal principio che il termine “urbanity/urbanità” sia troppo caricato da ciò che la visione occidentale pone come premessa a quello che lo spazio pubblico è/o dovrebbe essere e che fa rilevare nelle agglomerazioni urbane sparse per il mondo la mancanza di peculiarità, qualità e senso in ciò che si pensa debba contenere l’idea di “urbanità”.
Viene introdotto quindi un nuovo termine, cityness, che “suggerisce la possibilità che ci siano tipologie di urbanità che non rientrano nella definizione teorica sviluppata in occidente” ma che colgono qualcosa che altrimenti andrebbe perduto poiché i molteplici elementi che definiscono un contesto urbano possono produrre molto di più della somma delle loro parti individuali, un surplus che apre definitivamente ad un concetto di urbanità esteso ad un’ampia casistica di esempi empirici.
In particolare Sassen pone l’attenzione sulla “intersezione delle differenze” ovvero sulla sovrapposizione di fenomeni apparentemente inconciliabili che in realtà portano alla formazione di nuove soggettività ed identità urbane; il Midtown di Manhattan durante il “lunchtime” ne è un esempio,poiché l’esperienza visiva dell’architettura neutrale, ingegneristica degli edifici direzionali è congiunta all’esperienza dell’odore di carne alla griglia dei venditori immigrati ambulanti; e questo inoltre non descrive necessariamente la contrapposizione di due mondi autonomi e distinti poiché anche i professionisti del Midtown usano servirsi del servizio take-away come i turisti o i subalterni. Questo nuovo carattere urbano, scaturito dall’incontro di due mondi differenti produce ciò che Sassen chiama Cityness e trova il suo svolgimento, temporaneo o prolungato, delimitato o esteso nello spazio pubblico che non è più la rappresentazione di ciò che dovrebbe essere ma di ciò che si dovrebbe fare; tale visione pone il problema non più e non solo in termini di forme urbane o di design ma di attività ed usi che possono essere anche non facilmente leggibili e che forse incrementano una generale percezione di disordine, caos ed inefficienza ma che tuttavia portano a registrare le trasformazioni, le dinamiche urbane in atto e a scoprire quindi, valorizzandolo, tutto il potenziale creativo che fra gli interstizi urbani viene accumulato.
Io penso che l’utilizzo di nuovi strumenti di analisi, l’adozione di un nuovo parametro di lettura dei fenomeni urbani un po’ più aderente alle stratificazioni di caos apparentemente senza senso della città contemporanea e ricollegate da Sassen nel concetto di cityness, possa indicare una strategia di metodo molto utile per il caso di Vicenza ed in particolare per l’area di Spina ovest, dove le “intersezioni di differenze”, basti pensare all’asse di Viale Milano, raggiungono un livello di visibilità quasi sorprendente.
Penso quindi che potrebbe valere la pena fare una mappatura di questi indicatori di cityness, provando a capire cosa si produce in termini di uso pubblico e come tali attività si riflettono nello spazio attorno.